Divorzi
Il divorzio consiste nello scioglimento definitivo del vincolo matrimoniale per l’effetto dell’accordo raggiunto dai coniugi o a seguito di un procedimento in contenzioso. In caso di matrimonio concordatario, ossia quando il matrimonio è stato celebrato in Chiesa e poi regolarmente trascritto nei registri dello Stato Civile del Comune, si parla più propriamente di “cessazione degli effetti civili del matrimonio”, permangono infatti gli effetti sul piano del sacramento religioso, a meno che non si ottenga una pronuncia di annullamento o di nullità da parte del Tribunale Ecclesiastico Regionale o della Sacra Rota.
Prima di pronunciare la sentenza di divorzio, il Tribunale deve sempre tentare la riconciliazione ed accertare che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non possa più essere mantenuta o ricostituita. Il Giudice dunque deve sincerarsi che la frattura nei rapporti fra marito e moglie non possa essere in alcun modo ricomposta e deve altresì verificare la sussistenza di almeno uno dei presupposti tassativamente previsti dalla legge:
- a) I coniugi sono separati legalmente e, al tempo della presentazione della domanda di divorzio, lo stato di separazione dura ininterrottamente da almeno 12 mesi, se la separazione è giudiziale, o da almeno 6 mesi se la separazione è consensuale (tale termine decorre dal giorno della comparizione delle parti davanti al Presidente del Tribunale nel procedimento di separazione);
- b) Uno dei coniugi ha commesso un reato di particolare gravità (ad esempio è stato condannato con sentenza definitiva all’ergastolo o ad una pena superiore a 15 anni di reclusione) oppure – a prescindere dalla durata della pena- è stato condannato per incesto, delitti contro la libertà sessuale, prostituzione, omicidio volontario o tentato di un figlio, tentato omicidio del coniuge, lesioni aggravate, maltrattamenti etc.;
- c) Uno dei coniugi è cittadino straniero e ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del vincolo matrimoniale o ha contratto all’estero nuovo matrimonio;
- d) Il matrimonio non è stato consumato;
- e) E’ stato dichiarato giudizialmente il cambio di sesso di uno dei coniugi.
Divorzio Congiunto: Lo scioglimento del vincolo matrimoniale può essere richiesto congiuntamente da entrambi i coniugi; questi devono stare in giudizio assistiti da un difensore che, tuttavia, può essere unico per entrambi. Il procedimento si svolge innanzi al Tribunale in camera di consiglio, e si esaurisce in un’unica udienza fissata dal Presidente del Tribunale una volta ricevuto il ricorso. All’udienza in camera di consiglio così fissata, il Tribunale tenta la conciliazione ed accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può più essere mantenuta o ricostituita.
Dopo aver esperito il tentativo di conciliazione, il Tribunale verifica la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge sul divorzio (Legge n. 898/1970) ed emette la sentenza di scioglimento del vincolo matrimoniale (o di cessazione degli effetti civili in caso di matrimonio concordatario). E’ possibile divorziare congiuntamente anche a mezzo dell’istituto della Negoziazione Assistita, attraverso il quale i coniugi possono raggiungere e perfezionare un accordo davanti ai rispettivi difensori, senza presenziare ad alcuna udienza.
Divorzio Giudiziale: Lo scioglimento del vincolo matrimoniale può essere richiesto da uno dei coniugi, anche nel caso in cui l’altro coniuge non è d’accordo. Il procedimento viene definito in contenzioso, data la mancanza di accordo dei coniugi, e si svolge innanzi al Presidente del Tribunale del luogo in cui il secondo coniuge ha la propria residenza o il proprio domicilio; nel caso in cui il secondo coniuge sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda di divorzio si presenta al Tribunale del luogo di residenza o di domicilio del coniuge richiedente.
Se il coniuge richiedente è residente all’estero, è competente qualunque Tribunale. Ciascun coniuge deve essere assistito dal proprio difensore. Alla prima udienza, il Presidente del Tribunale tenta la conciliazione ed accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non possa essere mantenuta o ricostituita.
Il Presidente emana quindi un’ordinanza contenente i provvedimenti temporanei ed urgenti necessari per regolamentare gli aspetti patrimoniali e che interessano i figli nella pendenza del procedimento, nomina un Giudice Istruttore e fissa la data della relativa udienza innanzi a quest’ultimo.
Il procedimento prosegue poi come un processo ordinario, con la fissazione di altre udienze. Se il procedimento comporta una lunga fase istruttoria, vale a dire un lungo periodo di acquisizione delle prove, il Tribunale emana una sentenza provvisoria, che consente ai coniugi di riottenere lo stato libero.
Effetti Del Divorzio: La sentenza di divorzio sia nel caso in cui venga emessa alla fine di un procedimento a domanda congiunta, sia nel caso in cui venga emessa al termine di un procedimento in contenzioso, viene trasmessa all’Ufficiale di Stato Civile per l’annotazione nel Registro dello Stato Civile del luogo in cui fu trascritto il matrimonio, producendo i seguenti effetti:
- 1) In caso di matrimonio civile si verifica lo scioglimento del vincolo matrimoniale, in caso di matrimonio religioso invece, si verifica la cessazione degli effetti civili, permane infatti il vincolo indissolubile sul piano del sacramento religioso;
- 2) La moglie perde il cognome del marito che aveva aggiunto al proprio dopo il matrimonio. Tuttavia, la moglie può mantenerlo se ne fa espressa richiesta ed il Giudice riconosce la sussistenza di un interesse della donna o dei figli meritevole di tutela;
- 3) Il Giudice può disporre che uno dei coniugi sia tenuto a corrispondere un assegno periodico a favore del coniuge economicamente meno abbiente, il cui importo è quantificato in base alle condizioni ed ai redditi di entrambi i coniugi;
- 4) Viene decisa la destinazione della casa coniugale e degli altri beni di proprietà degli ex-coniugi;
- 5) I figli minorenni vengono affidati congiuntamente ad entrambi i genitori o ad uno soltanto di essi, con obbligo di versare un assegno di mantenimento della prole;
- 6) Ciascuno dei coniugi perde i diritti successori nei confronti dell’altro;
- 7) Se la sentenza di divorzio riconosce ad uno dei coniugi il diritto a percepire periodicamente un assegno divorzile, tale coniuge avrà ha diritto anche alla pensione di reversibilità dell’ex coniuge defunto o ad una sua quota, a condizione che il coniuge superstite non si sia risposato;
- 8) Se uno dei coniugi matura il diritto al trattamento di fine rapporto (TFR) prima che sia pronunciata la sentenza di divorzio, l’altro coniuge ha diritto ad una parte di tale importo.
Il Tfr Del Coniuge Divorziato: Il trattamento di fine rapporto (TFR) è un importo spettante al lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato. Solitamente viene chiamato anche “liquidazione”. Se il lavoratore è un divorziato che versa già all’ex coniuge un assegno divorzile con cadenze prestabilite e quest’ultimo coniuge non si è risposato, il lavoratore a cui spetta il TFR è tenuto a versare all’altro coniuge anche una quota di detto TFR.
Questa particola previsione è stata aggiunta alla Legge sul Divorzio da una successiva legge entrata in vigore il 12 marzo 1987 e si ritiene che si applichi solamente ai TFR riscossi posteriormente a tale data. La Legge sul Divorzio riconosce al coniuge divorziato il diritto a percepire una quota del TFR dell’altro coniuge in presenza di due presupposti.
Innanzitutto il coniuge divorziato deve già percepire dall’ex lavoratore un assegno divorzile versato con cadenza periodica: in altri termini se il coniuge non ha diritto all’assegno o lo ha ricevuto in un’unica soluzione, non avrà diritto alla quota del TFR dell’ex marito o dell’ex moglie. In secondo luogo, il coniuge interessato alla quota del TFR dell’ex lavoratore non deve essere convolato a nuove nozze. Se il coniuge divorziato ha intrapreso una convivenza con un soggetto terzo può chiedere la quota del TFR dell’ex coniuge.
Dal punto di vista temporale, il TFR può ovviamente maturare prima o dopo la pronuncia della sentenza di divorzio che regola i reciproci rapporti di dare ed avere fra gli ex coniugi. Se il TFR è maturato prima, ovviamente il diritto alla quota viene dichiarato dalla sentenza stessa: il Tribunale ha infatti tutti gli elementi per valutare le sostanze dell’uno e dell’altro coniuge.
Se il TFR viene a maturazione dopo la sentenza di divorzio, il coniuge interessato alla quota dovrà avanzare un’apposita istanza al Tribunale affinché il suo diritto sia accertato e riconosciuto. In tal caso il Tribunale valuterà se, al momento della richiesta, il divorziato richiedente rispetta i due presupposti richiesti dalla Legge sul Divorzio, ossia se già percepisce un assegno divorzile periodico dall’ex coniuge e se il suo stato civile è rimasto libero.
La Legge sul Divorzio afferma che la percentuale della quota di TFR dovuta all’ex coniuge divorziato corrisponde al 40% dell’indennità totale “riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso col matrimonio”. In altre parole, il divorziato non ha diritto al 40% del TFR dell’ex marito o dell’ex moglie: tale 40% va rapportato all’arco di durata del matrimonio coincidente con il periodo di lavoro.
E’ pacifico che l’arco di durata del matrimonio comprende anche l’eventuale periodo di separazione legale, fino alla data della sentenza di divorzio: solo in questa data, infatti, si è definitivamente e sicuramente ottenuto lo scioglimento del vincolo matrimoniale o la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario.
La Pensione Di Reversibilita’ Del Coniuge Divorziato: La pensione di reversibilità è una quota della pensione di una persona defunta che spetta a chi ne è stato coniuge. Se sono rispettati certi requisiti previsti dalla Legge sul Divorzio, la pensione di reversibilità spetta anche all’ex coniuge divorziato della persona deceduta.
La Legge sul Divorzio riconosce al coniuge divorziato il diritto a percepire la pensione di reversibilità dell’altro coniuge defunto solo se sono rispettate tre condizioni:
- 1) Il coniuge divorziato deve già percepire dall’ex coniuge defunto un assegno divorzile versato con cadenza periodica: in altri termini, se al momento del decesso il coniuge superstite non aveva diritto all’assegno (perché tale diritto non era mai stato riconosciuto o perché era stato riconosciuto e poi revocato o se aveva ricevuto l’assegno di divorzio in un’unica soluzione, non avrà diritto alla pensione di reversibilità dell’ex coniuge defunto;
- 2) Il coniuge divorziato superstite non deve essersi risposato. Se il coniuge divorziato superstite è convivente con un soggetto terzo, ciò non comporta di per sé la perdita del diritto alla reversibilità;
- 3) Il rapporto di lavoro da cui trae origine il trattamento pensionistico deve essere anteriore alla sentenza di divorzio.
L’importo dovuto a titolo di pensione di reversibilità viene calcolato in base al rapporto intercorrente tra la durata del matrimonio ed il periodo di maturazione della pensione in capo al defunto. Come per il caso del TFR del coniuge divorziato, i giudici hanno chiarito definitivamente che l’arco di durata del “matrimonio” comprende anche l’eventuale periodo di separazione legale, fino alla data della sentenza di divorzio: solo in questa data infatti si è definitivamente ottenuto lo scioglimento del vincolo matrimoniale o la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario.
Se il coniuge defunto non si era risposato, la pensione di reversibilità spetta solamente al coniuge divorziato superstite. Anche se dopo il divorzio il coniuge defunto aveva intrapreso una convivenza con un soggetto terzo, l’intera pensione di reversibilità spetta comunque all’ex coniuge divorziato. Se invece, dopo il divorzio, il defunto aveva contratto nuove nozze, allora la pensione di reversibilità spetta in parte all’ex coniuge divorziato e in parte al nuovo coniuge superstite.
La ripartizione delle quote viene fatta dal Tribunale in considerazione della durata dei rispettivi matrimoni: tuttavia, si è stabilito che il Tribunale non può basarsi soltanto sul numero di anni di durata di ciascun matrimonio, ma deve tenere in debita considerazione lo stato di bisogno dei singoli superstiti, ossia le relative condizioni economiche e reddituali. In caso di decesso dell’ex coniuge divorziato, l’ex coniuge superstite interessato alla pensione di reversibilità dovrà avanzare apposito ricorso al Tribunale affinché il suo diritto sia accertato e riconosciuto.
In tale caso il Tribunale valuta se, al momento della richiesta, il divorziato richiedente rispetta i tre presupposti richiesti dalla Legge sul Divorzio, ossia se percepisce un assegno divorzile, se il suo stato civile è rimasto libero e se il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico è anteriore alla data in cui è stata pronunciata la sentenza di divorzio.